psicosomatica Archivi - Elena Ferrari Rinascere donna Tue, 15 Oct 2019 14:09:09 +0000 it-IT hourly 1 https://mentallifting.com/wp-content/uploads/2022/05/cropped-favicon-32x32.png psicosomatica Archivi - Elena Ferrari 32 32 207833118 Asma, una lettura in chiave psicosomatica https://mentallifting.com/asma-una-lettura-in-chiave-psicosomatica/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=asma-una-lettura-in-chiave-psicosomatica https://mentallifting.com/asma-una-lettura-in-chiave-psicosomatica/#respond Tue, 15 Oct 2019 14:09:08 +0000 https://mentallifting.com/?p=3738 La mancanza d’aria nelle diverse forme di asma è per la psicosomatica il segnale di una difficoltà a esprimere i propri desideri per paura di perdere l’amore degli altri. Il nostro respiro rivela chi siamo e come viviamo, svelando eventuali resistenze e blocchi emozionali. “Respirare” quindi rappresenta una tra le funzioni imprescindibili dell’esistenza e implica...

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La mancanza d’aria nelle diverse forme di asma è per la psicosomatica il segnale di una difficoltà a esprimere i propri desideri per paura di perdere l’amore degli altri.

Il nostro respiro rivela chi siamo e come viviamo, svelando eventuali resistenze e blocchi emozionali. “Respirare” quindi rappresenta una tra le funzioni imprescindibili dell’esistenza e implica il tema dello “scambio” tra mondo interno e mondo esterno.

La funzione respiratoria ci riporta, quindi, al tema del dare e dell’avere, del rapporto con l’esterno, del “prendere e restituire” con l’ambiente. L’organo dello “scambio” nell’uomo è rappresentato dal polmone che diventa quindi, in chiave simbolica, il depositario delle vicissitudini di relazione dell’individuo.

Asma in psicosomatica

In un’ottica psicosomatica, l’aria immessa con il primo respiro è intesa la prima forma di nutrimento che riceviamo dalla vita, da ciò che è “altro da sé”. A partire da questo momento, il nostro corpo avvia scambio, attraverso il suo movimento inspiratorio ed espiratorio, con il mondo; l’aria che entra ed esce diventa infatti il principale veicolo della relazione nella specie umana.

La patologia respiratoria è quindi una patologia della relazione, tanto più significativa quanto più ci si muove, da un banale singhiozzo o da una tosse parossistica, fin verso malattie che alterano la funzione respiratoria stessa.

In questo approccio, il primo farmaco anti-asma diventa un’azione: consentire lo sfogo delle emozioni, permettersi di piangere, ad esempio, cosa che difficilmente chi soffre di questo disturbo si permette di fare.

Quando è possibile, “cambiare aria” è la soluzione però più radicale ed efficace: nuovi contesti esistenziali, nuove esperienze possono favorire un recedere delle crisi. Il clima affettivo è l’elemento fondamentale per superare i momenti critici e, quindi, circondarsi di presenze più favorevoli e più affettive, che emanino profumi piacevoli, è il rimedio migliore.

asma

Asma: i sintomi per riconoscerla

La crisi d’asma inizia con un broncospasmo espiratorio: i bronchi, cioè, si chiudono e cercano di trattenere il più possibile l’aria al loro interno, anziché farla uscire, provocando il classico fischio asmatico. Ciò ovviamente impedisce l’ingresso di altra aria e crea la sensazione reale di soffocamento. Questo riflette in modo perfetto lo schema psicologico-affettivo dell’asmatico.

Spesso, nella storia degli asmatici, c’è una figura di madre ambivalente, che “mette il broncio” se le sue aspettative non sono soddisfatte e il bambino percepisce costantemente una minaccia di sospensione dell’amore materno. In qualche modo si trova in una gabbia piena di amore e di regole, una gabbia soffocante ma in cui si può sopravvivere. Crescendo, diventerà una persona che, di fronte ad una scelta autonoma, riattiva l’arcaica paura di perdere il riconoscimento della madre e da qui la mancanza di aria/crisi asmatica.

L’asma può essere connessa con un senso di soffocamento: possiamo sentirci soffocare dalle troppe attenzioni di una persona, da una situazione lavorativa da cui non riusciamo ad uscire, dalle eccessive responsabilità e aspettative altrui, dall’autorità.

Anche la paura dell’abbandono può essere somatizzata attraverso un attacco d’asma, per richiamare attenzione, per non sentire la sofferenza del rifiuto

In alcuni soggetti anche un senso di colpa può scatenare crisi di asma ogni volta che la persona si sente felice, quasi a sabotare ogni possibilità di gioia.

Quali sono le persone a rischio?

Bambini o adolescenti con madre intransigente e apprensiva, rigida e che ripone nel figlio molte aspettative, che crea atmosfere cariche di tensione o di delusione, facendo sentire una sorta di ‘ricatto emotivo’ al figlio.

Figli di genitori molto apprensivi che sentono il bisogno di controllare ogni aspetto della vita del figlio, in maniera quasi ossessiva.

Persone che non godono di uno spazio vitale adeguato alle proprie esigenze, ma vivono una dimensione esistenziale angusta e compressa.

Cosa fare per stare meglio

L’asma è una sindrome caratterizzata da una particolare forma di dispnea parossistica. In questa patologia entrano in gioco sia fattori allergici, sia fattori psicologici per cui possiamo affermare che, l’attacco asmatico, è determinato da un insieme di cause, diverse e concomitanti.

Nonostante l’assenza di un unanime punto di vista sull’eventuale correlazione asma-stress, è tuttavia consigliabile che i pazienti evitino le emozioni forti e, nel caso, considerino, se necessario, un approccio psicologico per la gestione della loro vita emotiva.

Personalmente consiglio tutti gli approcci adottati per mitigare le condizioni di stress o di ansia, che vanno da una costante leggera attività fisica ad approcci più mirati e “professionali”, come la psicoterapia, lo yoga e le tecniche di respirazione.

Esistono molti studi sul potenziale terapeutico del rilassamento in soggetti asmatici, ecco perché mi sento di consigliare un approccio psicoterapeutico che affianchi quello medico, non fosse altro per ridurre la tensione e ridimensionare l’ansia d’attesa di un nuovo attacco.

La psicoterapia deve puntare a rafforzare la personalità, a sviluppare l’autostima e a poter esprimere le emozioni, onde evitare di reprimerle e poi subirne le conseguenze a medio e lungo termine.

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Quando la caduta dei capelli è psicosomatica https://mentallifting.com/quando-la-caduta-dei-capelli-e-psicosomatica/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=quando-la-caduta-dei-capelli-e-psicosomatica https://mentallifting.com/quando-la-caduta-dei-capelli-e-psicosomatica/#respond Tue, 08 Oct 2019 08:33:59 +0000 https://mentallifting.com/?p=3733 Simbolicamente i capelli rappresentano l’energia che fluisce e si associano alla forza vitale, psichica e spirituale. Simbolo di libertà di forza e di potenza, la perdita dei capelli rappresenta il polo opposto e può assumere diversi significati: evoca conflitti che riguardano lutti, perdite, rinunce, sacrifici. I capelli sono il simbolo della femminilità e della seduzione...

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Simbolicamente i capelli rappresentano l’energia che fluisce e si associano alla forza vitale, psichica e spirituale.

Simbolo di libertà di forza e di potenza, la perdita dei capelli rappresenta il polo opposto e può assumere diversi significati: evoca conflitti che riguardano lutti, perdite, rinunce, sacrifici. I capelli sono il simbolo della femminilità e della seduzione nella donna e della virilità nell’uomo, perciò la loro perdita può essere vissuta molto male.

Per questo è importante capire ed elaborare i vissuti emotivi connessi alla perdita dei capelli e, come questi, si ripercuotano sul contesto di vita della persona: l’alopecia, infatti, potrebbe comportare un senso di imbarazzo, vergogna e perdita di autostima.

Come si riconosce il paziente psicosomatico che soffre d’alopecia?

L’alopecia può presentarsi in qualsiasi zona del corpo in cui ci siano dei peli, ma sul cuoio capelluto è più evidente e crea un disagio psicologico maggiore.

Nell’adulto l’alopecia è prevalentemente connessa con il senso di perdita di sé stessi, qualcosa ha fatto perdere un pezzo di identità. Spesso segue ad una esperienza affettiva traumatica e questo è evidente specie nei bambini, quando perdono figure di riferimento.

Tra le cause dell’alopecia possiamo individuare quelle genetiche, ormonali, alimentari, chimico-farmacologiche, psico-sociali.

Tra le cause psicosociali troviamo, infatti, l’alopecia da stress e l’alopecia causata da shock traumatici o fenomeni depressivi. Ritmi di lavoro e di vita innaturali, e una società piena di solitudine esistenziale, aumentano il tasso di sofferenza nei singoli e nella collettività. Molte persone entrano in crisi e i loro problemi psicologici potrebbero manifestarsi anche sotto forma di perdita dei capelli.

Il significato simbolico dei capelli

Il capello, inteso come filo (conduttore, riferimento), rappresenta i nostri legami affettivi. La caduta, i capelli che si assottigliano, che si spezzano, sono sintomo di una sofferenza profonda data dalla rottura di un legame che ci creava sicurezza e dava conforto, attenzioni e riempiva il vuoto esistenziale.

Quindi una perdita di capelli uniforme su tutto il capo, più nella parte frontale, è direttamente collegata ad una perdita di sicurezza su tutti i fronti e un senso di smarrimento e vuoto.

È la mancanza (anche solo come impressione e non necessariamente effettiva) di una radice bel salda. Il bulbo pilifero si atrofizza quando la nostra convinzione è quella che le nostre radici si siano atrofizzate e che non ci sia niente e nessuno su cui poter contare.

Caduta dei capelli in psicosomatica

I capelli che cadono possono anche rappresentare tracce vitali del passaggio di un soggetto che percepisce come insignificante la propria esistenza, e lascia quindi una prova, un segno per gli altri. Oppure, in età avanzata, nei momenti di depressione, dopo una separazione affettiva o dopo un lutto i capelli che cadono esprimono la volontà di andare via, lasciare il nostro corpo, insieme ai ricordi più spiacevoli e ai legami ad essi correlati.

In molti casi poi, la psicosomatica indica nella perdita dei capelli un tentativo inconscio di fare “piazza pulita” dei problemi, con la voglia di tornare bambini. Un desiderio che si può estrinsecare anche in gesti plateali e clamorosi, come spezzarsi o strapparsi i capelli.

I capelli possono anche cadere nel caso in cui un soggetto sia particolarmente angosciato dalle novità, o da una innovazione che arriva a sconvolgere determinati equilibri psichici o di status, come ad esempio l’arrivo di un fratellino, un trasferimento di città, un cambio di mansione sul lavoro.

La cura supplementare

L’approccio psicosomatico all’alopecia, da solo, non permette mai di sbarazzarsi del tutto del problema dell’alopecia. La nostra chioma ha bisogno di una buona cura delicata sia dall’esterno che dall’interno. Ecco i miei consigli:

  • arricchite la vostra dieta con la frutta e verdura fresca, mangiate regolarmente la carne bianca e pesce, frutti di mare, cereali, latticini fermentati
  • coccolate la chioma con le maschere, sia professionali che preparate a casa secondo le ricette della medicina popolare, usando oli naturali, vitamine, estratti vegetali
  • per la cura quotidiana usate solo shampoo e balsami delicati, di qualità, pensati per capelli secchi, danneggiati ed indeboliti
  • se avete le ciocche lunghe e le radici indebolite, vi consiglio di fare un taglio più corto: spesso tagliare i capelli salva dalla calvizie totale.

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Ho sconfitto la mia ansia e sono più sereno https://mentallifting.com/ho-sconfitto-la-mia-ansia-e-sono-piu-sereno/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ho-sconfitto-la-mia-ansia-e-sono-piu-sereno https://mentallifting.com/ho-sconfitto-la-mia-ansia-e-sono-piu-sereno/#respond Wed, 25 Sep 2019 10:13:50 +0000 https://mentallifting.com/?p=3725 Quanti di noi vorrebbero svegliarsi una mattina e dire oggi ho sconfitto la mia ansia? Tutti, chi meglio chi peggio, convivono con la propria ansia: la differenza è proprio in quelle due parole meglio o peggio. Perché uno stato d’ansia moderato è connesso con il vivere stesso e, non necessariamente si parla di patologia. Ma,...

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Quanti di noi vorrebbero svegliarsi una mattina e dire oggi ho sconfitto la mia ansia? Tutti, chi meglio chi peggio, convivono con la propria ansia: la differenza è proprio in quelle due parole meglio o peggio. Perché uno stato d’ansia moderato è connesso con il vivere stesso e, non necessariamente si parla di patologia. Ma, se vivere ci porta a continue manifestazioni ansiose che ci impediscono di affrontare le sfide di ogni giorno, se è l’ansia la causa principale dei nostri malesseri, allora ci troviamo davanti ad un disturbo serio.

Quando possiamo parlare di ansia patologica

L’ansia è l’emozione che si prova di fronte a una sensazione di minaccia reale (es. minaccia alla persona) o figurata (minaccia all’autostima). È una risposta normale e innata di attivazione, caratterizzata da un aumento della vigilanza e dell’attenzione che ha l’obiettivo di prepararci ad affrontare il pericolo percepito predisponendoci a una risposta di attacco o fuga.

Può essere fisiologica oppure patologica. L’ansia fisiologica ci prepara ad affrontare in maniera adattiva una possibile situazione difficile mentre l’ansia patologica è disfunzionale perché, essendo persistente e intensa, interferisce con la nostra prestazione, e può essere associata a eventi neutri, che non sono realmente pericolosi. A differenza della paura, l’angoscia non ha un oggetto: è come se ci trovassimo al buio, esposti e vulnerabili, chiusi in un circolo che sembra destinato a ripetersi.

Ansia: i sintomi per riconoscerla

I disturbi d’ansia tendenzialmente perdurano a lungo nel tempo e, data la loro pesantezza sul piano sintomatologico, possono influenzare profondamente la vita di chi ne soffre, ostacolandone la carriera scolastica, lavorativa, e le relazioni sociali. Come riconoscerli?

Ecco un elenco dei principali sintomi:

Sintomi psicologici

Intensa e persistente preoccupazione

Scarsa concentrazione

Difficoltà di memoria

Irritabilità

Difficoltà ad addormentarsi

Pensieri intrusivi

Sintomi fisici

Iper sudorazione

Tachicardia

Sensazione di soffocamento

Vampate di calore

Tremolii

Dolori al petto

Brividi

Vertigini

Parestesie

Sintomi comportamentali

Agitazione motoria

Immobilità

Riluttanza nel partecipare o nell’eseguire attività specifiche

Evitamento delle situazioni temute

Come curarla: farmaci o psicoterapia?

Milioni di persone soffrono quotidianamente di stati d’ansia, e troppi si curano con ansiolitici e psicofarmaci che danno effetti collaterali e dipendenza. Dalla mia esperienza con i pazienti ansiosi, tranne che nei casi molto gravi, la strada maestra per la cura rimane la psicoterapia. In particolare, la visione psicosomatica riconosce un significato simbolico ai disturbi d’ansia e, attraverso un percorso terapeutico mirato, la persona sofferente viene aiutata a recuperare un rapporto più armonico con se stessa, che è la premessa di qualunque guarigione.

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Bassa autostima? 6 modi per porvi rimedio https://mentallifting.com/bassa-autostima-6-modi-per-porvi-rimedio/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=bassa-autostima-6-modi-per-porvi-rimedio https://mentallifting.com/bassa-autostima-6-modi-per-porvi-rimedio/#respond Tue, 17 Sep 2019 09:39:02 +0000 https://mentallifting.com/?p=3721 Nel precedente articolo vi ho parlato di come, una corretta autostima si sviluppa già a partire dall’infanzia e dell’importanza che la scuola ha in questo processo. Oggi vi voglio parlare della mancanza di autostima negli adulti e di come fare per porvi rimedio. Cosa significa avere una bassa autostima? Sappiamo che, avere una buona autostima...

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Nel precedente articolo vi ho parlato di come, una corretta autostima si sviluppa già a partire dall’infanzia e dell’importanza che la scuola ha in questo processo. Oggi vi voglio parlare della mancanza di autostima negli adulti e di come fare per porvi rimedio.

Cosa significa avere una bassa autostima?

Sappiamo che, avere una buona autostima significa avere fiducia in se stessi, nella vita e nelle proprie capacità, indipendentemente dal giudizio altrui e dagli avvenimenti esterni. Purtroppo, però, a causa di esperienze negative e situazioni particolari vissute nell’infanzia, non sono rari i casi di bassa autostima. Queste persone, spesso, ricercano all’esterno, anche da adulti, un senso di appartenenza che, purtroppo, sarà difficile trovare realmente. Quello che manca, in questi casi, è un senso di protezione che derivi dall’interno e che non può essere creato da altri.

Come rimediare?

Le conseguenze dell’avere poca autostima possono interessare non solo le nostre emozioni, ma anche la nostra salute e la nostra vita. Una bassa autostima è un ostacolo per raggiungere il successo in ambito professionale, ci danneggia nello studio e nella vita personale, così come nel relazionarci con gli altri. Inoltre, può causare tristezza, malinconia, depressione, timidezza e altri sentimenti negativi.

Il primo modo per accrescere la propria autostima è conoscersi. Chi è consapevole delle proprie modalità di pensiero e azione, infatti, riesce a tenere sotto controllo anche i propri lati oscuri e a non agire sempre con il pilota automatico. Ad esempio, una persona che si conosce bene, potrebbe rendersi conto di provare antipatia nei confronti di un altro, non perché questi sia effettivamente una persona sgradevole ma perché, ad esempio, prova invidia verso i suoi successi.

Evitare i paragoni, con le cose e con le persone che ci circondano. Ci saranno sempre persone che hanno più di successo di noi, o che ne avranno di più, per questo è importante non vivere a seconda della vita che altri individui conducono o paragonandoci a loro o prefiggendoci i loro stessi obiettivi. Dobbiamo avere una nostra identità e creare progetti di vita personali.

Un altro modo di migliorare il problema dell’autostima è cambiare il modo di pensare, trasformando il negativo in positivo. Ci sono sempre degli ostacoli e dei problemi difficili da risolvere nella vita, ma possono essere affrontati come un insegnamento per il lungo cammino che dobbiamo percorrere.

L’accettazione è fondamentale per migliorare e per sentirci meglio con noi stessi. Dobbiamo accettare il nostro corpo, il nostro modo di essere e quello che abbiamo. Un ulteriore modo di superare le paure interne è di aumentare l’amore per sé stessi è quello di creare un progetto di vita, una strategia personale per poter aumentare la bassa autostima che abbiamo.

Molte persone vivono la loro vita cercando di compiacere gli altri per ricevere il più possibile consensi e validazione. Tutto ciò deriva dal bisogno di essere amati. Non c’è nulla di male nel desiderare una conferma positiva dall’esterno su ciò che si è o su ciò che si fa, il problema nasce quando questo diventa un elemento centrale nel determinare il proprio valore come persona. Dare la priorità al giudizio altrui nelle nostre scelte e nei nostri comportamenti ci porta inevitabilmente a confusione, incapacità di esprimerci liberamente e a nasconderci.

Poiché gran parte della nostra autostima è influenzata dalle nostre relazioni: è fondamentale circondarsi di persone che ci facciano stare bene e allontanare chi, al contrario, ci fa del male. Trovare persone che sono disposte a starci vicino, ascoltarci, sostenerci e che ci possano accettare sia nei nostri pregi che nei nostri difetti può rivoluzionare anche il modo in cui entriamo in contatto con noi stessi. Allo stesso tempo è necessario allontanare dalla nostra vita chi ci ferisce, chi consuma la nostra energia e ci impedisce di crescere.

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Essere troppo accondiscendenti fa male alla pelle https://mentallifting.com/essere-troppo-accondiscendenti-fa-male-alla-pelle/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=essere-troppo-accondiscendenti-fa-male-alla-pelle https://mentallifting.com/essere-troppo-accondiscendenti-fa-male-alla-pelle/#respond Tue, 25 Jun 2019 06:34:28 +0000 https://mentallifting.com/?p=3644 Nella visione psicosomatica, la pelle non è solo un organo ma rappresenta molto di più: il nostro contatto con il mondo. La pelle è la parte di noi che dialoga con l’esterno, ecco perché va “ascoltata”, scoprendo cosa significano e come vanno affrontati tutti i disturbi che la possono affliggere. Quali sono i comportamenti che...

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Nella visione psicosomatica, la pelle non è solo un organo ma rappresenta molto di più: il nostro contatto con il mondo. La pelle è la parte di noi che dialoga con l’esterno, ecco perché va “ascoltata”, scoprendo cosa significano e come vanno affrontati tutti i disturbi che la possono affliggere.

Quali sono i comportamenti che salvano la pelle?

Chi soffre di malattie della pelle spesso, per evitare di esporsi nelle relazioni sociali, ricorre al silenzio e alla diplomazia. È così che, involontariamente, sviluppiamo relazioni malsane oppure facciamo fatica a stabilire una vera intimità. Il non detto si accumula fino a riversarsi sulla pelle, che si incarica di manifestare l’irritazione.

Cambiamenti, anche lievi, come il rossore, il pallore e la sudorazione esprimono i nostri stati d’animo, le nostre sensazioni, i nostri disagi. Se la pelle è il nostro organo bersaglio di tensioni e stress, anziché combattere i suoi disturbi solo con pomate e farmaci, impariamo a decodificare i suoi segnali. La regola fondamentale per guarire dalle malattie cutanee è relazionarsi con il mondo esterno in modo più naturale e spontaneo. Ecco quali sono gli atteggiamenti che ci aiutano.

Impara a dire di no, quando serve

Quando serve mettere paletti? Ad esempio in tutte quelle situazioni nelle quali non è chiara l’attribuzione di compiti e ruoli. Al lavoro, per esempio, ci si può ritrovare a fare ciò che spetterebbe a qualcun altro, oppure a dovere difendere la vita privata dall’intrusione dell’attività lavorativa. Stabilisci con chiarezza quello che ti compete e quello che ti è dovuto, poi sii deciso e fermo.

Segui l’istinto

Quante volte abbiamo la sensazione che “a pelle” una situazione non ci convinca oppure che sia la cosa giusta per noi? Dai più ascolto alle sensazioni di apertura, chiusura, alle attrazioni e alle repulsioni apparentemente immotivate: vedrai che quello che hai percepito non era sbagliato.

Accetta incertezza e cambiamento

Le situazioni e i momenti di passaggio spesso trovano il loro corrispettivo nella pelle che manifesta, ad esempio attraverso la psoriasi o l’acne, la difficoltà ad abbandonare la vecchia realtà per una nuova.

Nei momenti di transizione ciò che più ci turba è l’incertezza, l’incapacità di definire in modo chiaro le cose e di sapere cosa ci aspetta. Tutte le volte che ti capita di avvertire sentimenti contrastanti non costringerti a prendere una decisione affrettata, datti tempo e impara ad accogliere il cambiamento gradualmente.

Prenditi cura della tua pelle

Dopo il bagno o la doccia, abituati a massaggiare delicatamente tutto il corpo con una crema emolliente. Massaggiarsi aiuta a conoscere il proprio corpo e ad avvertirne i cambiamenti. Se poi compaiono sulla pelle all’improvviso eczemi o dermatite, o quando si aggravano i soliti disturbi, prova a far caso al tuo umore o a cosa sta succedendo nella tua vita.

Spesso dietro ad una manifestazione fisica, ci sono esigenze e turbamenti di tipo psico-emotivo che vanno considerati se si vuol risolvere il problema e non tamponare semplicemente la situazione.

E ricordati: prima della relazione con l’altro c’è la relazione con se stessi e, dal momento che la pelle delimita il nostro corpo, lo protegge e lo contiene, possiamo legare i problemi di pelle alla relazione non solo con l’altro ma anche e soprattutto con noi stessi.

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Psicosomatica e disturbi gastrointestinali: come guarire https://mentallifting.com/psicosomatica-e-disturbi-gastrointestinali-come-guarire/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=psicosomatica-e-disturbi-gastrointestinali-come-guarire https://mentallifting.com/psicosomatica-e-disturbi-gastrointestinali-come-guarire/#comments Mon, 17 Jun 2019 13:26:50 +0000 https://mentallifting.com/?p=3624 Esiste un profondo legame tra una situazione psico-emotiva e i sintomi organici ed è qui che entra in gioco la psicosomatica. Il nostro corpo ci parla attraverso i sintomi e l’apparato digerente è uno dei più loquaci. Coliti ricorrenti, difficoltà digestive, meteorismo, gastriti, periodi di stipsi: in tanti casi non dipendono da una lesione, ma...

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Esiste un profondo legame tra una situazione psico-emotiva e i sintomi organici ed è qui che entra in gioco la psicosomatica. Il nostro corpo ci parla attraverso i sintomi e l’apparato digerente è uno dei più loquaci.

Coliti ricorrenti, difficoltà digestive, meteorismo, gastriti, periodi di stipsi: in tanti casi non dipendono da una lesione, ma dall’alterato funzionamento di uno o più organi. Il nostro sistema nervoso ci sta mandando dei segnali di sofferenza ed è buona cosa non sottovalutarli. Questo non vuol dire che non serva un’accurata diagnosi medica ma, il più delle volte, i nostri disturbi sono di origine psicosomatica. Oggi vi parlo dei disturbi dell’apparato digerente.

Ogni sintomo è un messaggio

Fin dall’antichità si è sempre saputo che i sentimenti e le emozioni avessero una certa ripercussione sull’organismo. Pertanto, e più spesso di quanto si pensa, la malattia è lo specchio del nostro rapporto con l’ambiente, con le emozioni e con il nostro sviluppo psicologico. Tuttavia, è bene ricordare che ogni persona è diversa dall’altra e, una particolare situazione, ha un significato diverso per ciascuna.

I sintomi gastroenterici hanno una grande valenza preventiva

Il sistema gastrointestinale è una via preferenziale per convogliare lo stress in eccesso e i problemi inconsci. In molti casi i sintomi anticipano la malattia e ci segnalano che dobbiamo cambiare stile di vita, alimentazione, relazioni. Piccoli e grandi disturbi ci dicono se riusciamo ad assimilare i rapporti con gli altri o se invece li respingiamo.

Quando non riusciamo a vivere secondo la nostra natura e le nostre esigenze, il canale alimentare manifesterà dei sintomi, che sono sia espressioni di squilibrio e di sofferenza, sia di stimolo a superare la difficoltà stessa.

Le turbe gastrointestinali secondo la visione psicosomatica

Stomaco: i suoi problemi riguardano situazioni che non abbiamo “digerito”, idee, alimenti o situazioni che rifiutiamo, situazioni che troviamo ingiuste o che ci mandano in collera. Chi presenta questi disturbi deve imparare a prendere coscienza dei propri sentimenti, ad elaborare consapevolmente le proprie impressioni e sensazioni.

Gastrite: è collegata alla collera perché non ci sentiamo rispettati o apprezzati per quanto valiamo. Il nervosismo e i disagi emotivi sono spesso responsabili. Il famoso “bruciore allo stomaco” parla della presenza di un fuoco che brucia all’interno, ma che non si esprime mai sotto forma di rabbia e ribellione.

Ulcera: esprime la nostra collera nei confronti di un evento che abbiamo trovato ingiusto, ma davanti al quale ci siamo sentiti impotenti perché non riusciamo a cambiare assolutamente nulla.

Fegato: i suoi problemi sono determinati da inquietudini, da preoccupazioni oppure da un rifiuto ad adattarsi. Nell’ammalarsi, esso mostra che l’uomo ingerisce più di quanto possa elaborare, indica smoderatezza, eccessivi desideri espansionistici e ideali troppo alti.

Semplici consigli per stare meglio

  • Impara a dire di no eviterai tanta nausea e vomito
  • Esprimi bene rabbia e contrarietà, eliminerai reflusso e bruciore
  • Scegli meglio relazioni e professione e digerirai meglio
  • Esprimi le tue fantasie nella coppia e rendi la tua morale meno rigida, eliminerai tante coliti.

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Disturbi alimentari: binge eating. Come riconoscerlo? https://mentallifting.com/disturbi-alimentari-binge-eating-come-riconoscerlo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=disturbi-alimentari-binge-eating-come-riconoscerlo https://mentallifting.com/disturbi-alimentari-binge-eating-come-riconoscerlo/#respond Thu, 10 Jan 2019 13:34:25 +0000 https://mentallifting.com/?p=3125 Se si spinge lo sguardo a ritroso nella storia dell’uomo, il mangiare si situa all’alba della civiltà. Narra la leggenda della fondazione di Roma, che Rea Silvia ebbe due gemelli dal dio Marte. Sapendo quanto sia stupido lasciare in vita i figli dopo averne ucciso i padri, Amulio pensò di fare annegare i due gemelli nel...

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Se si spinge lo sguardo a ritroso nella storia dell’uomo, il mangiare si situa all’alba della civiltà.

Narra la leggenda della fondazione di Roma, che Rea Silvia ebbe due gemelli dal dio Marte. Sapendo quanto sia stupido lasciare in vita i figli dopo averne ucciso i padri, Amulio pensò di fare annegare i due gemelli nel Tevere, per evitare che da adulti potessero rivendicare il trono che lui usurpava. I figli di Rea vennero allattati da una leggendaria lupa (la Lupa Capitolina, che abitava l’antro lupercale presso il colle Palatino) e fondarono più tardi la città di Roma. La leggenda pone il singolare allattamento di Romolo e Remo all’origine della civiltà romana e fa del loro mangiare la vicenda fondante di un’intera civiltà.

In Giappone la dea shintoista Ukemochi è una dea delle origini ed è espressamente la dea del Nutrimento.
Ovviamente beneamata da tutto ciò che vive e cresce, destava l’invidia degli altri dei. A causa di un tranello venne decapitata ma il suo corpo si fece tutt’uno con la terra e donò di che nutrirsi all’umanità.

Fin dalle origini, mangiare è un’operazione più che biologica: impronta l’affettività e le modalità di relazione, la nascita della coscienza e la ricerca di conoscenza; è operazione archetipica che attiene alla crescita del corpo e all’evoluzione della psiche.

Poiché copre un’area simbolica tanto ampia, le sue caratterizzazioni non investono solo il comportamento alimentare, ma quello più ampio dei rapporti con le energie che sgorgano dall’inconscio e che sono proiettate sulla realtà esterna.

Mangiare” è qualcosa di più che ingoiare e ingerire; è un rifornirsi di principi vitali non solo fisici, ma anche psichici ed esistenziali; è un attingere alle sorgenti inconsce.

Disturbi del comportamento alimentare

Si parla di disturbi del comportamento alimentare (DCA) quando vi è un’ alterazione delle abitudini alimentari e un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. Chiunque potrebbe soffrirne. I disturbi alimentari non discriminano per sesso, età o origine etnica. Possono essere riscontrati in entrambi i sessi, in tutti i gruppi di età, e in una grande varietà di ambienti etnici e culturali in tutto il mondo. Tuttavia, esistono gruppi che presentano un maggiore rischio di sviluppare disturbi alimentari.

Come riconoscere i disturbi alimentari

I comportamenti tipici di una persona che soffre di un Disturbo del Comportamento Alimentare sono:digiuno, restrizione dell’alimentazione, crisi bulimiche (l’ingestione una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo accompagnata dalla sensazione di perdere il controllo, ovvero non riuscire a controllare cosa e quanto si mangia), vomito autoindotto, assunzione impropria di lassativi e/o diuretici al fine di contrastare l’aumento ponderale, intensa attività fisica finalizzata alla perdita di peso. Alcune persone possono ricorrere ad uno o più di questi comportamenti, ma ciò non vuol dire necessariamente che esse soffrano di un disturbo alimentare.

Soffrire di un disturbo alimentare sconvolge la vita di una persona; sembra che tutto ruoti attorno al cibo e alla paura di ingrassare. Cose che prima sembravano banali ora diventano difficili se non impossibili e motivo di forte ansia, come andare in pizzeria o al ristorante con gli amici o partecipare ad un compleanno o ad un matrimonio.

Spesso i pensieri sul cibo assillano la persona anche quando non è a tavola, ad esempio a scuola o sul lavoro terminare un compito diventa difficilissimo perché sembra che ci sia posto solo per i pensieri su cosa si “debba” mangiare, sulla paura di ingrassare o di avere un’abbuffata.

Una caratteristica quasi sempre presente in chi soffre di un disturbo alimentare è l’alterazione della propria immagine corporea che può giungere a configurarsi in un vero e proprio disturbo. La percezione che la persona ha del proprio aspetto, ovvero il modo in cui nella sua mente si è formata l’idea del suo corpo e delle sue forme, sembra influenzare la sua vita più della propria immagine reale.

Spesso il disturbo alimentare è associato ad altre patologie psichiatriche, in particolare la depressione, ma anche i disturbi d’ansia, l’abuso di alcool o di sostanze, il disturbo ossessivo-compulsivo e i disturbi di personalità. Possono essere presenti comportamenti autoaggressivi, come atti autolesionistici (ad esempio graffiarsi o tagliarsi fino a procurarsi delle piccole ferite, bruciarsi parti del corpo) e tentativi di suicidio.

Binge Eating Disorder: Disturbo da Alimentazione Incontrollata

Il disturbo da alimentazione incontrollata, in inglese binge eating disorder (BED), è uno dei problemi alimentari più diffuso. Come ogni altro disturbo psicologico, la sua gravità può essere variabile, per questo a livelli lievi si tende spesso a non riconoscerlo o sottovalutarlo.

La persona che soffre di alimentazione incontrollata presenta episodi di abbuffata ovvero mangiare troppo (una quantità eccessiva rispetto a quello che farebbe un’altra persona della stessa età, sesso e costituzione) in un certo arco di tempo e sperimentare una sorta di perdita di controllo durante queste abbuffate, come la sensazione di non riuscire a fermarsi o di non capire quanto si sta mangiando.

Gli episodi di alimentazione incontrollata possono presentare anche altre caratteristiche, che non tutti i soggetti condividono: come il fatto di mangiare molto in fretta, mangiare finchè non ci si sente sazi, mangiare anche se non si ha fame, mangiare soli per evitare di far vedere agli altri le quantità di cibo o la tipologia di cibo che si sta mangiando, sentirsi in colpa o ancor più spesso vergognarsi di se stessi per non essersi riusciti a controllare e resistere all’impulso di mangiare.

L’alimentazione incontrollata non prevede la “compensazione”, ossia comportamenti mirati all’espulsione del cibo o la pratica di attività fisica per smaltire. Per questo motivo, le persone con alimentazione incontrollata tendono al sovrappeso e all’obesità, a seconda della gravità e della frequenza delle abbuffate.

Nel Binge Eating Disorder è possibile riscontrare una causa multifattoriale.

Queste persone spesso presentono una bassa autostima e hanno scarsa fiducia in sé, o sono persone perfezioniste. Possono essere impulsive, con la tendenza a vedere il mondo per estremi. Nella maggior parte dei casi hanno poca consapevolezza dei propri stati d’animo e delle emozioni che sperimentano, e spesso sono proprio questi bisogni emotivi non compresi a portare verso la ricerca di cibo come mezzo per colmare la sofferenza e riportare il benessere interiore. Il cibo infatti, specialmente dolci e alimenti calorici, favorisce la produzione di serotonina, agendo come un antidepressivo naturale.

Inoltre, come per gli altri problemi alimentari, la presenza di un ambiente familiare o la frequentazione di luoghi o ambienti in cui cibo, forme del corpo, magrezza e peso sono elementi enfatizzati e cui viene data molta attenzione, possono costituire fattori di rischio per l’alimentazione incontrollata.

Le persone che soffrono di alimentazione incontrollata, spesso tentano di mettersi a dieta (o iniziare un’attività fisica). Quest’idea di alimentazione sana solitamente sorge in testa dopo un episodi di abbuffata, quando è molto forte il senso di colpa e, appagati i sensi, ci si sente un po’ più energici e determinati a riparare.

Tuttavia la spinta motivazionale sostenuta da un’emozione momentanea non è sufficiente a mantenere la costanza nel buon proposito, e all’insorgenza di una nuova problematica (un evento che non si riesce a gestire, una situazione conflittuale, una mancata realizzazione) il principale pensiero e desiderio torna quello di porre fine a questa sofferenza interiore, tramite la via più “semplice” e disponibile, ovvero il consumo di cibo.

Il Binge insorge relativamente tardi, nell’età adulta, tra i 25 e 35 anni. Si può manifestare dopo un fallimento relazionale, o una crisi di identità ed ha alla base un senso di fallimento profondo.

Odio la mia vita, mi faccio schifo, non ne posso più, non ce la faccio, non vado bene in niente, tutti sono migliori di me, tutti sono più magri di me, il mio corpo è grasso e deforme, non so cosa fare, non merito niente, tanto lo so che non c’è niente da fare per me, sto male da morire, tanto lo so che non si può guarire, gli altri forse ma io no, Nessuno mi capisce. Beh tanto non sono così malata forse è solo frutto della mia immaginazione. Ma come si fa, come si fa”.

Ognuna racchiude in se un mondo di sofferenza e anche tanta paura.

    • Paura di essere qualcosa e paura di non essere nulla. Paura di mettersi in gioco e terrore di avere un aiuto vero e concreto.
    • Paura che porta a vergognarsi di se stessi per quello che si è e che si ha.
    • Paura di aprirsi profondamente.
    • Paura di tentare e tentare l’ennesimo percorso di cura.
    • Paura di conoscersi davvero e anche paura di capire se stessi e ciò che ci ha portato a stare tanto male.
    • Paura del giudizio degli altri che a ben vedere forse è proprio il nostro su noi stessi.

Nei disturbi alimentari il corpo diventa il naturale contenitore di queste paure e dell’infinita sofferenza che si prova: che è il risultato di un mondo sommerso che spesso non ha un nome, non lo si vede e non lo si riconosce a causa dell’anestesia dei sintomi.

La verità è che si comprende realmente il significato della nostra malattia quando si procede in un difficile è meraviglioso viaggio: e cioè la conoscenza e la scoperta di se stessi, comprendere cosa ci fa male e cosa ci fa bene e nel contempo cosa ci ha fatto male nella nostra storia di vita. Un viaggio che ti porta a capire e a rielaborare che cosa ti ha portato inconsciamente a rifugiarti in una malattia così subdola che non fa altro che raccontarti bugie e che sposta ogni tipo di problema su cibo e corpo.

Ma questi due preziosi elementi della patologia hanno un immenso valore emotivo e non c’è nulla di razionale nelle sensazioni che si provano. Quel valore emotivo va capito e accolto nella sua essenza e nel nostro storico spesso traumatico. I tranelli della malattia sono sempre dietro l’angolo: un momento si pensa una cosa e un momento dopo l’esatto opposto.

Capire cosa realmente ci ha fatto soffrire e continua a farci soffrire, necessita di un serrato percorso di cura specializzato in disturbi alimentari, perché attraverso i sintomi cerchiamo disperatamente di comunicare delle cose, che spesso neanche noi sappiamo.
Con il silenzio gridiamo dolore. Con la rabbia e i conflitti la paura e una costante ricerca di conferme. Con lo sminuirsi sempre una costante negazione di sé.

Ogni sintomatologia ha un suo perché per esistere e descrive delle necessità personali.

Quando si sta tanto male si pensa essere impossibile guarire oppure si pensa che in fondo non si guarisce mai del tutto.
Spesso si avverte l’anoressia, la bulimia o il binge eating come fossero la nostra identità ed è anche per questo che si ha tanta paura di cambiare.
E da qui parte il grande viaggio e cioè la scoperta di chi realmente si è e perché quel rifugio sintomatico è stato così necessario nella vita di ognuno di noi.

I disturbi alimentari sono spesso accompagnati da altri sintomi come ad esempio la dipendenza affettiva (una fame infinita di risarcimento e di conferme), l’assunzione di alcool o altre sostanze che proprio come le sintomatologie riguardanti l’alimentazione ci portano lontani da noi. Lo sport che, se in origine è qualcosa di sano, diventa qualcosa di assolutamente autodistruttivo e malato… un ulteriore spostamento che quando non viene praticato anche esso provoca un infinito senso di colpa. Ognuno ha la sua storia e le sue cause e ognuno ha le proprie sintomatologie che non sono casuali ma direttamente proporzionale al proprio traumatico vissuto.

Cosa porta questi soggetti all’abbuffata?

A livello comportamentale e psicologico, esistono tre teorie principali sull’eziologia dell’abbuffata: la teoria psicosomatica (Bruch, 1973), la teoria dell’esternalità (Schachter, 1971) e la teoria della restrizione (Polivy & Herman, 1985).

La teoria psicosomatica si focalizza sull’emotional eating: mangiare in risposta ad emozioni negative come tristezza e sconforto. È stato dimostrato il contributo dell’emotional eating negli episodi di binge eating: soggetti con un BED riportano una tendenza significativamente maggiore a mangiare in risposta a stati emotivi negativi rispetto a soggetti di controllo (Pinaquy, Chabrol, Simon, Louvet, & Barbe, 2003).

In un’ottica olistica, potrebbe essere sensato considerare l’interazione tra queste tre teorie sull’eziologia delle abbuffate. È molto plausibile che un soggetto affamato dalla dieta, triste e che sente odore di cibo, si perda in un’abbuffata e che tutte e tre le condizioni abbiano influito, in modo diverso, sulla genesi dell’abbuffata.

Cosa fare per stare meglio?

Contattami: elena.ferrari@mentallifting.com.

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Il linguaggio della malattia: apparato digerente e gastrite https://mentallifting.com/il-linguaggio-della-malattia-apparato-digerente-e-gastrite/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-linguaggio-della-malattia-apparato-digerente-e-gastrite https://mentallifting.com/il-linguaggio-della-malattia-apparato-digerente-e-gastrite/#respond Tue, 22 May 2018 12:44:45 +0000 https://mentallifting.com/?p=3116 La rabbia trattenuta e la paura a dire NO si trasformano in disturbo organico Alcune situazioni della vita risultano essere indigeste tanto quanto alcuni cibi che ingeriamo, trasformandosi in patologie quali il reflusso e la gastrite. Oltre al cibo, che è ricco di significati simbolici, tendiamo a “mandare giù” le atmosfere e le persone che ci...

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La rabbia trattenuta e la paura a dire NO si trasformano in disturbo organico
Alcune situazioni della vita risultano essere indigeste tanto quanto alcuni cibi che ingeriamo, trasformandosi in patologie quali il reflusso e la gastrite.

Oltre al cibo, che è ricco di significati simbolici, tendiamo a “mandare giù” le atmosfere e le persone che ci circondano.

La gastrite è la manifestazione fisica della difficoltà nell’accettare determinate situazioni, ma che esprime il desiderio di incontrare intimamente qualcuno o qualcosa che contiene allo stesso tempo elementi percepiti come pericolosi o inaccettabili.

La frustrazione cresce facendo nascere conflitti, rabbia che vengono però espresse solo parzialmente.

Disappunto e paura di non essere accettati si trattengono scaricando sullo stomaco tutta la tensione accumulata.

I sintomi parlano molto chiaro a questo punto:

il fuoco interiore arde inespresso scatenando forte bruciore, dolori, crampi e  pungoli che sono l’espressione del disagio nel non riuscire a manifestare pienamente se stessi.

La nausea esprime il rifiuto della situazione mentre il vomito un chiaro rigetto.

L’inappetenza e la conseguente chiusura dello stomaco sono in relazione all’indisponibilità ad accettare oltremodo ciò che si è accolto.

 La contrazione muscolare delle pareti dello stomaco denota uno stato di allerta relativa alla situazione.

Una digestione lunga e laboriosa esprime una certa tenacia nell’affrontare la situazione, ma allo stesso tempo la difficoltà a digerire il cibo e la situazione che in quel momento rappresenta la fonte del problema.

Per risolvere e prevenire il problema della gastrite è necessario imparare ad usare il NO terapeutico.

Imparare a dire NO è il primo passo per far crescere l’autostima e abbassare il livello di sopportazione.

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