attacchi di panico Archivi - Elena Ferrari Rinascere donna Fri, 17 May 2019 10:02:56 +0000 it-IT hourly 1 https://mentallifting.com/wp-content/uploads/2022/05/cropped-favicon-32x32.png attacchi di panico Archivi - Elena Ferrari 32 32 207833118 Attacchi di panico, come combatterli https://mentallifting.com/attacchi-di-panico-come-combatterli/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=attacchi-di-panico-come-combatterli https://mentallifting.com/attacchi-di-panico-come-combatterli/#respond Sun, 10 Feb 2019 13:33:25 +0000 https://mentallifting.com/?p=3123 Gli attacchi di panico sono crisi d’ansia molto acute che si presentano con sintomi precisi: riconoscere gli attacchi di panico è il primo passo per la loro cura. Cos’è l’attacco di panico? L’attacco di panico è comunemente definito come una manifestazione d’ansia estremamente intensa, breve e transitoria, che avviene in un periodo ben delimitato e preciso. È...

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Gli attacchi di panico sono crisi d’ansia molto acute che si presentano con sintomi precisi: riconoscere gli attacchi di panico è il primo passo per la loro cura.

Cos’è l’attacco di panico?

L’attacco di panico è comunemente definito come una manifestazione d’ansia estremamente intensa, breve e transitoria, che avviene in un periodo ben delimitato e preciso. È generalmente un episodio imprevedibile ed inarrestabile e l’ansia è talmente intensa da lasciare l’individuo, una volta concluso l’attacco, in una condizione di assoluto sfinimento (De Masi, 2004).
La manifestazione dell’attacco di panico comprende sintomi cognitivi, emotivi e somatici, tra cui forti reazioni neurovegetative.

L’attacco ha un inizio improvviso, raggiunge rapidamente l’apice (di solito in 10 minuti o meno), ed è spesso accompagnato da un senso di pericolo o di catastrofe imminente e da urgenza di allontanarsi; la sintomatologia che si manifesta nel corso dell’attacco regredisce spontaneamente in breve tempo.

Gli attacchi di panico possono presentarsi nel contesto di qualsiasi Disturbo d’Ansia come pure in altri disturbi mentali (per es., Disturbi dell’Umore, Disturbi Correlati a Sostanze) ed in alcune condizioni mediche generali (per es., cardiache, respiratorie, vestibolari, gastrointestinali).

Sono caratteristici del Disturbo di Panico, ma possono manifestarsi anche nella schizofrenia, nel disturbo di somatizzazione e nella depressione maggiore (DSM-IV-TR, 2001). Possono inoltre verificarsi in qualità di eventi isolati e rari che non compromettono il comportamento dell’individuo o come gruppi di più attacchi che provocano degli effetti secondari (Sarti et al., 2000). Chi soffre di attacchi di panico può trarre beneficio da un trattamento integrato..

I sintomi degli attacchi di panico

Per giustificare una diagnosi di disturbo di attacchi di panico occorre che le crisi siano caratterizzate dalla presenza di quattro o più dei seguenti sintomi:

  • Senso di oppressione al petto
  • Respiro corto, sensazione di soffocamento o accelerazione del ritmo del respiro, fino all’iperventilazione
  • Intensa sudorazione
  • Accelerazione del ritmo cardiaco
  • Tremori o stati convulsivi alle braccia e alle gambe
  • Vampate o brividi
  • Sensazioni di intorpidimento o di formicolio agli arti e alle mani
  • Senso di nausea o disturbi addominali
  • Sensazioni di perdita di contatto con la realtà, di estraneità e distacco dall’ambiente
  • Senso di sbandamento, vertigine, paura di svenire
  • Ipertensione (forte aumento della pressione sanguigna) o Ipotensione (forte calo della pressione sanguigna)
  • Paura di impazzire o di perdere il controllo
  • Senso di irrimediabilità e di fine
  • Paura di morire.

Per comprendere meglio si può riflettere con questi esempi:

Paura: un freno davanti ai pericoli

Se stiamo attraversando soli di notte un quartiere malfamato, o se dobbiamo affrontare un esame universitario e sappiamo di essere impreparati, ci può venire una forte agitazione. Non si tratta evidentemente di attacchi di panico, ma di paura, del tutto fisiologica in tali situazioni. Senza la paura non saremmo “frenati” nelle situazioni pericolose e passeremmo la vita fra un rischio e l’altro.

Ansia: un’angoscia che non paralizza

Ci sono dei giorni nei quali non uscirei di casa, tutto mi angoscia, mi spaventa e mi rende irritabile e se penso alle cose che devo fare mi assale il timore di non riuscire ad affrontarle”. Ecco l’ansia emozione diversa dalla paura, ma anche dagli attacchi di panico perchè non è paralizzante.

Fobia: la fa crescere un oggetto scatenante

Odio i ragni: se solo penso che uno di loro possa sfiorarmi mi sento svenire”. La fobia è la certezza che situazioni quotidiane del tutto innocue possano colpirci mortalmente, tanto da condizionare l’esistenza. Proprio la presenza di un oggetto scatenante (il ragno) indica che non siamo in presenza di attacchi di panico.

Caratteristiche predisponenti:

La mappa non è il territorio” (Bateson, 1972).
La realtà non esiste semplicemente in quanto tale, ma è filtrata dalle nostre mappe, dai nostri modi di vedere, dalle nostre aspettative, consapevoli o meno, che ci fanno dare al nostro mondo un significato personale, colorato dal nostro passato. Impariamo dalle nostre esperienze: ci costruiamo delle aspettative in base a queste, delle rappresentazioni, delle credenze riguardanti noi stessi e il mondo (Weiss, 1993). Fin dalla nascita.

L’ansia diviene il normale esito di filtri che portano a leggere la realtà in modi costantemente disfunzionali

Se, ad esempio, ci sentiamo intimamente inadeguati e ci aspettiamo di essere criticati e rifiutati per questo, la prospettiva di un “esame” o di situazioni in cui ci confrontiamo con persone sconosciute “induce normalmente” in noi una forte ansia che non può far altro che aumentare al pensiero e/o all’avvicinarsi della situazione temuta, fino a bloccarci continuamente, fino a portarci a evitare la situazione stessa, anche se la desideriamo: diviene un inesorabile patibolo.

Inoltre, i nostri modelli interni tendono a dare risalto alle percezioni che li avvalorano (Bowlby, 1969/1988). Le aspettative che abbiamo ci guidano nel mettere in atto comportamenti che tendono a indurre negli altri reazioni che retroattivamente le confermano (Watzlawick, 1983; Sandler, 1976;Ammaniti, 2001). Ne segue che un’insieme quanto più ampio e flessibile di modelli di lettura ci permette di cogliere maggiori aspetti della realtà e di attivare risorse e comportamenti diversi a seconda delle specifiche situazioni. Quando ciò non avviene, quando tendiamo a leggere la realtà in modo rigido in virtù delle esperienze dolorose che abbiamo vissuto e delle difese e aspettative che da esse sono derivate, le credenze che sviluppiamo sono “patogene” (Weiss, 1993).

Ed è questa rigidità una delle caratteristiche predisponenti di chi potrebbe presentare un attacco di panico.

L’unilateralità di comportamento e la rigidità di azione creano le basi perché un giorno, per un evento negativo improvviso, tutto crolli: e allora ecco apparire sgomento, terrore del vuoto, angoscia di morte, panico. Un’evenienza da prevenire, o se già innescata, da curare subito.

Arriva la crisi da attacco di panico: cosa non fare?

LOTTARE:  Non si deve resistere a ogni costo e non bisogna cercare di opporsi. Gli attacchi di panico chiedono spazio e tempo e se questi ultimi non vengono loro “concessi”, aumenteranno d’intensità finché non diminuirà la nostra caparbietà. Meglio allora abbandonare ciò che stava facendo, cedere, limitarsi a osservare.

FINGERE:  Quando si ha un vero disturbo da attacchi di panico è impossibile dissimulare e fingere di star bene. Anche questo peggiora le cose e aumenta la tachicardia. È meglio dichiarare il malessere e potersi così dedicare a sé stessi.

SCAPPARE In preda alla paura di morire, si può avere l’impulso di correre o di muoversi in modo concitato, senza guardarsi attorno, esponendosi così al rischio di incidenti o cadute. Bisogna fare il possibile per restare presenti a sé stessi.

FORZARE IL RESPIRO: Le difficoltà respiratorie indotte dagli attacchi di panico, portano istintivamente a “cercare aria” con inspirazioni massimali e frequenti. Ciò manda il sangue in alcalosi, accrescendo la stessa sensazione di angoscia. Si deve dunque cercare di respirare normalmente.

Arriva la crisi da attacchi di panico: Cosa fare?

METTERSI COMODI: Ovunque ci si trovi, cercare di mettere al più presto il corpo nella posizione più comoda possibile, compatibilmente alla situazione. Evitare la posizione sdraiata, che spesso peggiora i sintomi degli attacchi di panico.

RESPIRARE PROFONDAMENTE: Una delle reazioni più comuni fra le persone che soffrono di attacchi di panico è l’iperventilazione, ma ricorda che la respirazione profonda può contribuire a ridurre lo stress e ad aumentare l’afflusso di ossigeno al cervello, favorendo la concentrazione. Quando avverti i sintomi di un attacco di panico, fermati e rallenta gradualmente il respiro.

  • All’inizio cerca di trattenere il respiro per alleviare la sensazione di soffocamento o asfissia.

  • Dopo aver trattenuto il fiato, inizia a respirare lentamente con il diaframma. Posiziona delicatamente una mano sul torace e l’altra sull’addome. La mano appoggiata sull’addome dovrebbe sollevarsi insieme a esso, mentre l’altra, posta sul torace, dovrebbe muoversi appena.

  • Inspira con il naso per 4 secondi. Trattieni l’aria per 2-3 secondi. Espira lentamente con la bocca per 5-6 secondi.

  • Continua a respirare profondamente per parecchi minuti finché non avvertirai che i muscoli sono rilassati e la mente è sgombra dai pensieri negativi.

CERCARE FRESCURA: Tra i sintomi più sgradevoli c’è la sensazione è di avere troppo caldo, di avvampare. Per alleviare questo “fuoco” si può allora cercare, se si è all’aperto, la freschezza dell’ombra o del vento; se si è in casa, si può creare un po’ di corrente aprendo le finestre.

CHIEDERE AIUTOSe si ha la sensazione di perdere il controllo e di cadere in preda all’angoscia, è bene individuare qualcuno che possa stare vicino per la durata degli attacchi di panico. Se non c’è nessuno, si può “chiedere aiuto” alle cose: un oggetto “positivo”, un rituale rassicurante, una distrazione.

Contattami: elena.ferrari@mentallifting.com.

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Ansia: cos’è veramente e come liberarsene (anche senza farmaci) https://mentallifting.com/ansia-cose-veramente-e-come-liberarsene-anche-senza-farmaci/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ansia-cose-veramente-e-come-liberarsene-anche-senza-farmaci https://mentallifting.com/ansia-cose-veramente-e-come-liberarsene-anche-senza-farmaci/#respond Thu, 02 Aug 2018 12:42:26 +0000 https://mentallifting.com/?p=3113 Clara ha trentatre anni e arriva in lacrime in terapia. “Tre anni fa è morto mio padre e da allora sono disperata. Mi manca terribilmente. Sono sempre triste e depressa, a volte ho attacchi d’ansia. Soffro perché non sono stata la figlia che lui avrebbe desiderato. Non gli ho mai detto che gli volevo bene, e ora...

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Clara ha trentatre anni e arriva in lacrime in terapia. “Tre anni fa è morto mio padre e da allora sono disperata. Mi manca terribilmente. Sono sempre triste e depressa, a volte ho attacchi d’ansia. Soffro perché non sono stata la figlia che lui avrebbe desiderato. Non gli ho mai detto che gli volevo bene, e ora non posso più dirglielo.”

La psicoterapia è o dovrebbe essere il luogo in cui tutte le nostre convinzioni vengono meno: è necessario alla guarigione perché sono proprio quelle convinzioni a trattenere il dolore.

Clara, del tutto identificata nel ruolo di figlia addolorata, ripercorre le tappe del suo percorso: l’infanzia con un padre adorato, molto immaginato e poco frequentato, sempre assente e lontano per lavoro; un’adolescenza inquieta e ribelle, con eccessi e comportamenti al limite; una giovinezza fatta di nuove lontananze e fugaci tentativi di riavvicinamento presto falliti tra scontri e litigi. Un rapporto profondo di amore e odio per quel padre affascinante e difficile. Poi la sua malattia, il desiderio di vicinanza mai espresso appieno, e infine la morte proprio quando lei era all’estero. Da allora il dolore e l’ansia, in apparenza inarrestabili.

Ci sono dei passaggi psicologici che trasformano il dolore naturale in un’armatura mentale che si trascina per anni. Il dolore è naturale e passeggero. Tutto il resto lo costruiamo sopra noi, e può durare anni.

Non è il padre ciò di cui sente la mancanza: è la donna che non sta sviluppando. Ecco allora il compito: lasciar andare il padre per diventare donna. L’ansia è uno stato di agitazione psichica dovuto a una risposta abnorme a situazioni percepite come pericolose per il soggetto o per i suoi cari.

La risposta di allerta è immotivata rispetto alla reale pericolosità dell’evento, che può essere anche soltanto immaginato o anticipato nella propria mente. Spesso il soggetto non riesce a riferire la propria ansia a una specifica causa. Essa si può manifestare in diverse forme che vanno da un semplice stato di tensione psichica agli attacchi di panico, da un disturbo ossessivo-compulsivo alle fobie.

Nel fenomeno dell’ansia convivono due poli in apparenza opposti: uno stato di allerta e un’energia che vuole esprimersi. A volte, questi due aspetti si esprimono insieme, in altri casi uno prevale rispetto all’altro. Ma sono, in ultima istanza, inseparabili.

Quando l’ansia esprime perlopiù uno stato di allerta, vuol dire che qualcosa viene sentito come pericoloso per la persona – sia in senso fisico che psichico –. Può trattarsi di eventi reali (per esempio, l’attesa di un esame diagnostico, un importante incontro di lavoro, il ritardo di un figlio nel ritornare a casa), ma anche solo immaginati o anticipati mentalmente (per esempio, pensare a ciò che potrebbe succedere in un viaggio ancora da fare).

L’intensità dell’ansia in questi casi è fortemente influenzata dall’importanza che viene data a tali eventi e può quindi variare fortemente da persona a persona: uno stesso evento può produrre uno stato di gestibile inquietudine, oppure diventare emotivamente insostenibile.

Matrice comune resta comunque un eccesso di preoccupazione rispetto alla reale portata della situazione. Lo stato di allerta può essere riferito anche a pericoli interiori: segnala che c’è qualcosa in quel contesto, rapporto o stile di vita, che è dannoso per la vera natura della persona che lo sta vivendo.

Quando l’ansia esprime un’energia che vuole esprimersi, vuol dire che da un po’ di tempo il soggetto non sta vivendo parti autentiche di sé, che restano compresse fino a una soglia oltre la quale scatta l’allarme e al contempo la “tracimazione”.

L’ansia raccoglie nella stessa sintomatologia lo sfogo di accumuli energetici di differente natura: sessuale, fisica, creativa, spirituale, tutti accomunati dalla difficoltà a lasciar fluire liberamente la forza vitale e il talento personale, inteso come la propria unicità. Infatti, dietro ai vari disturbi d’ansia c’è la sensazione di non riuscire a “dire la mia”, a “essere me stesso”, a fare le cose “a modo mio”.

Allo stesso modo l’ ansia si presenta ogni volta che un momento di crescita o una trasformazione necessaria vengono ostacolate e si configura così come energia evolutiva, come tensione a un’autonomia che chiede con forza di manifestarsi.

Spesso l’ansia si esprime anche con manifestazioni corporee transitorie che scompaiono con il passare della crisi (tachicardia, tensione muscolare ecc.). In altri casi l’ ansia sfoga la propria energia – e i simboli che essa porta con sé – nel corpo, producendo disturbi fisici.

Le persone più a rischio sono:

  • Bambini e adolescenti privi di riferimenti familiari o sociali validi e costanti.
  • Adolescenti e giovani carichi di aspettative genitoriali su studio e lavoro.
  • Persone sulla soglia di una scelta importante che rompe lo “stato delle cose” (per esempio,
    divorzio) e che non sentono del tutto legittima.
  • Persone in situazioni “senza via d’uscita”.
  • Persone che vivono una routine in cui non sono presenti passioni autentiche.
  • Persone che praticano scarsa attività fisica e sessuale.
Come combattere l’ansia nella pratica

In genere, di fronte ad un problema prenderne consapevolezza è già una conquista. La strada per affrontarli a volte, soprattutto in situazioni di acuità, diventa tortuoso.

Rovistando tra diversi articoli ho trovato un libro interessante “La rana bollita. Una storia d’ansia, attacchi di panico e cambiamentoche parla di esperienze condivise della quali sono state estrapolati alcuni accorgimenti per affrontare in modo pratico queste situazioni, sebbene un sostegno ci voglia sempre. Sono esperienze di cui si può farne buon uso se le si apprezza.

1) Fare attività fisica

Molte ricerche scientifiche dimostrano i benefici dell’esercizio fisico nel trattamento dell’ansia.
Ci sono molti motivi per cui fare un po’ di movimento è un vero toccasana per chi soffre di ansia.
Le endorfine rilasciate naturalmente dal cervello durante l’attività fisica ci fanno sentire molto bene e aiutano a regolare l’umore. Un esercizio fisico stancante aiuta a dormire meglio (a patto di non farlo la sera, perché l’effetto potrebbe essere opposto). Inoltre impegnarsi in modo regolare a raggiungere qualche piccolo obiettivo è un toccasana per il nostro senso di autoefficacia.

La cosa migliore è trovare una o più attività di tuo gradimento e che puoi fare senza complicarti troppo la vita. Se poi riesci ad andare all’aperto, in un parco o qualcosa di simile, sfrutti anche gli effetti benefici del contatto con la natura.

2) Non chiudersi in casa

Noi ansiosi abbiamo una zona di comfort ristretta. Certe volte così ristretta che può essere racchiusa tra quattro mura. Si può arrivare al punto che uscire di casa è difficile, la spesa al supermercato una mission impossibile, una birra con gli amici un calvario, una passeggiata al parco un ostacolo inaffrontabile.

Non parliamo poi di viaggiare, di esplorare, di affrontare persone e situazioni sconosciute. Ecco: non assecondare mai questa tendenza.

Non ti sto dicendo di sfidare la tua ansia, di fare finta che non esista e di iscriverti a un corso di paracadutismo o di fare il giro del mondo in solitaria. Ho idea che le terapie d’urto non funzionino, altrimenti sarebbe troppo facile. Ti sto dicendo però di non adagiarti, di non assecondarla troppo, di non cedere alla tentazione di chiuderti dentro un bozzolo confortevole.

Non rinunciare alle cose che ti piacciono per paura. Ci sono giorni in cui non c’è verso. Hai bisogno di stare rintanato, di sentirti al sicuro in ambienti e situazioni che conosci perfettamente. Giorni in cui il circo dei sintomi dell’ansia è così forte – con il suo balletto di vertigini, nausea, tremori – che il mondo là fuori proprio non lo puoi affrontare.

Ma se impari ad ascoltarti attentamente riconoscerai quando dentro di te si accende un piccolo barlume. Quando tutto sommato vorresti accettare quell’invito a cena, o prendere la macchina e andare al mare da sola, o infilarti un paio di scarpe e andare a correre. Asseconda questi momenti e provaci, provaci sempre.

Dentro di te c’è sempre una forza, per piccola che sia, che ti spinge a prendere in mano la situazione e ad agire anche nell’enorme disagio e malessere che stai provando. Ecco quella fiammella va sempre tenuta accesa, e quando la senti, allora vai, buttati, non rinunciare. È un lavoro che puoi fare solo tu. È un sottile gioco di equilibrio di cui decidi tu le regole. No, oggi rinuncio, non me la sento. Ok, oggi vado, faccio fatica ma vado.

3) Trovare il modo migliore per cominciare la giornata

Per molte persone che soffrono di ansia il momento peggiore è il mattino appena svegli.

Riprendi contatto con la realtà dopo una notte di sonno e subito scattano sensazioni di disagio, pensieri foschi, malessere, qualche sintomo qua e là.
Voglia di alzarsi zero e panico totale al solo pensiero di affrontare la giornata. Ogni cosa sembra un ostacolo insormontabile.

Probabilmente questo dipende dal fatto che al mattino nel nostro corpo aumenta la produzione del cortisolo – detto anche ormone dello stress (cicli circadiani).

Intanto già sapere che si tratta di un meccanismo fisiologico un po’ aiuta. Invece di pensare:aiuto, perché mi sento così male stamattina, guarda qui ho già la tachicardia, non ce la farò mai ad affrontare la giornata, possiamo rivolgere a noi stessi qualche pensiero rassicurante del tipo: ok lo so, il mattino è il momento peggiore, è tutta colpa del cortisolo… ora mi alzo, comincio a fare le mie cose e piano piano andrà meglio.

Io traggo sempre grande beneficio da questo tipo di dialogo interiore. È un modo per rafforzare la nostra capacità di rassicurarci da soli. Poi è fondamentale curare al massimo la routine del mattino in modo da rendere quanto più possibile dolce, gradevole, avvolgente, la prima ora della nostra giornata.

Ognuno di noi può trovare la sua routine ideale, facendo vari tentativi. Ecco alcune idee:

  • svegliati con anticipo in modo da potere fare tutto con calma senza essere assillato fin da subito dai vari impegni
  • rendi dolce il risveglio: prova con la tua musica preferita, con un simulatore d’alba, con dei suoni zen
  • in inverno tieni a portata di mano le pantofole e una vestaglia in modo da poterti avvolgere in qualcosa di confortevole e caldo appena sceso dal letto
  • fai una buona colazione, con qualcosa che ti piace molto e che ti dia il giusto apporto energetico
  • dedica almeno 20 minuti o mezz’ora a una attività rilassante che assorba la tua attenzione: leggi un romanzo, guarda la tua serie preferita in tv, disegna, dipingi, suona uno strumento, lavora a maglia…
  • scrivi il diario della gratitudine
  • fai un po’ di ginnastica (come si diceva prima)
  • spendi qualche minuto a curare le piante (se sono in balcone ancora meglio così ti esponi alla luce del mattino)

Queste sono solo idee. La routine del mattino è una cosa molto personale. Il principio è questo: fai in modo di regalare a te stesso il meglio della tua giornata nella prima ora dopo esserti svegliato perché è questo il momento in cui ne hai più bisogno.

4) Non contrastare il panico

Questo è difficile da spiegare, ma ci provo.

Diciamo che ti sta salendo il panico. Parlo proprio di un bell’attacco in piena regola. Non tutte le persone che soffrono di ansia hanno anche attacchi di panico. La reazione normale è cercare di allontanare il panico al più presto. Dentro di te dici: no no cavoli, non adesso, vai via immediatamente.

Non è una buona strategia.

Il panico è subdolo: si nutre della tua paura. Più lo temi, più ti cerca. La soluzione, per quanto possa essere contro intuitiva, è provare ad accoglierlo senza opporre resistenza. Tanto sai che passa. Il punto è aspettare. Lasciare che la paura ti attraversi, e che se ne vada, così come è arrivata. È come un’onda.

Prova a pensare di essere in un mare agitato. Le onde e la corrente ti rendono difficile nuotare. Ti sforzi, lotti per contrastare la forza del mare, ma più ti agiti più la situazione peggiora. Allora prova a cambiare tattica. Smetti di andare contro corrente. Abbandonati. Fai il morto e galleggia nella tempesta. Lascia che le onde ti portino su e giù. Tanto sai che prima o poi si placherà.

5) Praticare la mindfulness

Si dice che le persone depresse vivono nel passato e quelle ansiose nel futuro. Per quanto riguarda la depressione non saprei, non ho esperienza diretta. Per quanto riguarda l’ansia invece direi che è vero, verissimo.

L’ansia altro non è che l’anticipazione di un evento negativo che potrebbe verificarsi. Il nostro cervello è programmato così. Anticipa i pericoli e per salvarci le chiappe attiva un sistema di risposta che si chiama combatti o fuggi. È un meccanismo sano, essenziale alla sopravvivenza, che però nei disturbi d’ansia non funziona più bene e si attiva anche in assenza di pericoli.

La mentalità tipica dell’ansioso è che mentre è occupato in una attività sta già pensando a cosa dovrà fare dopo preoccupandosi di tutto quello che potrebbe andare storto.

Imparare a stare nel presente, a vivere qui e ora è una fatica per chi soffre di ansia. Eppure quando ci riesci i benefici sono immediati ed evidenti. Per un attimo si solleva il velo delle preoccupazioni inutili e ciò che resta è solo la realtà del momento presente – che nella gran parte dei casi non è affatto minacciosa o pericolosa.

Per imparare a stare nel presente si può fare quella pratica di mindfulness .

Ho sperimentato però che nei periodi in cui l’ansia è particolarmente acuta la meditazione diventa più difficile. Non è facile imparare a stare con quel che c’è quando la mente è molto agitata e in preda alle preoccupazioni.

Per questo bisogna essere molto gentili con se stessi, non forzare la mano, non pretendere.

Se stare seduti a meditare diventa troppo difficile, allora possiamo rivolgerci alle pratiche informali. Anche solo ricordare di essere presenti, prendere tre respiri, concentrarsi nell’osservazione di un oggetto, una persona, un paesaggio. Sono come piccole gocce di consapevolezza integrate nel quotidiano che a poco a poco ci aiutano a stare sempre più presente.

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